UNA VISITA E UNA SCOPERTA
Sono passati due giorni dall’incidente, oggi mi dimetteranno dall’ospedale.
Nessuno mi è ancora venuto a dire quello che hanno scoperto, ma io so tutto, so di avere il cancro.
Mia madre continua a ripetermi che tutto bene; tuttavia penso che lo stia dicendo più a se stessa che a me.
Dal giorno dell’incidente tutto mi pare inutile e senza senso.
I gesti quotidiani, le emozioni, tutto è superfluo.
Tutto alla fine finirà.
Non resterà nulla di quello che si è vissuto.
Le giornate hanno perso il loro colore e la loro vitalità.
Ieri mi sono venuti a trovare la mia migliore amica e il mio ragazzo, loro due mi hanno fatto provare un’emozione, l’unica degli ultimi giorni.
Mi sono stati raccontati gli ultimi sviluppi del mondo esterno a quelle mura impregnate di consapevolezza e di dolore.
Valentina mi è sembrata più solare del solito, aveva una strana luce negli occhi; doveva esserle successo qualcosa di molto bello!
Luca al contrario mi è sembrato strano, sembrava preoccupato, tormentato da un dubbio o un peso.
I suoi occhi erano più spenti del solito.
Ero totalmente assorta nel cercare di capire a cosa stesse pensando il ragazzo che tanto amavo, che non mi accorsi della parole di Valentina.
-Lucrezia, ci sei? Mi stai ascoltando?! –
Mi riscossi da quella specie di trans nella quale ero finita.
Gli occhi di Luca avevano imprigionato i miei, come se volessero comunicarmi ciò che lo tormentava con lo sguardo.
-Si ci sono. Cosa stavi dicendo? –
-Uffa! Perché non mi ascolti mai?! Ti stavo dicendo che i nostri compagni, dopo aver saputo del tuo incidente, si sono organizzati per venirti a trovare, domani! –
Disse quella frase con sul viso un’espressione tra il divertito e lo scocciato.
Con la coda dell’occhio continuava ad osservare Luca.
Questo fece crescere ulteriormente i miei sospetti.
Stetti ancora un attimo a guardarli, poi risposi alla domanda sottointesa di Valentina.
-A me andrebbe anche bene, mi farebbe piacere rivederli! Però penso che non sia possibile –
-E perché no?! –
Valentina cambiò espressione.
Se la prima parte della mia frase l’aveva sollevata, la seconda l’aveva scioccata.
-Non è che non voglia, è solo che domani mi dimettono. Anche se venissero non sarei più qui –
-Ah, pensavo che … Come glielo dico ora?! –
Sembrava quasi dispiaciuta da questo fatto.
Mi sarebbe piacito sapere cosa stava per dire.
Non riuscivo a togliermi dalla testa la convinzione che qualcosa fosse cambiato.
Continuavo a spostare lo sguardo da Valentina a Luca.
Fino a quel momento non ci avevo fatto caso, ma i due continuavano a scambiarsi occhiate furtive, come se si stessero mettendo d’accordo su un argomento fondamentale solo con l’uso dello sguardo.
I miei sospetti continuavano a salire.
Ad un tratto Luca prese la mano di Valentina e intrecciò le dita alle sue.
Cosa stava succedendo?!
Era questa la domanda che mi ero posta fino a quel momento.
Ora finalmente potevo capire.
Un attimo dopo Luca prese la parola per la prima volta.
-Lucrezia, c’è una cosa che ti dobbiamo dire –
A questa frase seguì un attimo di silenzio interminabile e pieno di consapevolezza.
Il mio cuore iniziò a pompare il sangue più velocemente.
In quel silenzio sentivo tutta la verità che quelle parole esprimevano.
Le mie orecchie non percepivano suoni, ma il mio cuore esplodeva di parole non ancora dette.
-Vi lascio da soli –
Luca spostò il suo sguardo da me a Valentina che poi gli lasciò la mano ed escì dalla stanza.
Restammo soli.
Seguì il silenzio.
Stava per parlare.
Non volevo sentirlo da lui, quindi intervenni.
-Nei sei innamorato, non è vero? –
A sentire le mie parole vidi la sorpresa far capolino sul suo viso.
Non c’era nemmeno bisogno che mi rispondesse.
Abbassò la testa e quando cercai di incrociare i suoi occhi lui distolse lo sguardo.
Delle lacrime mi giunsero agli occhi.
Cercai di trattenerle, ma inutilmente.
Una goccia di pianto scappò al mio controllo e aprì la strada a tutte le altre che presto mi inondarono le guance.
M portai le mani agli occhi coprendoli.
Mi portai le ginocchia al petto, chiudendomi a uovo su me stessa.
Volevo sparire.
Volevo che tutto quello che mi circondava scomparisse.
Volevo che tutti quelli che mi circondano scomparissero.
<< Vieni con me >>
<< Chi sei? >>
<< Vieni con me >>
La voce si affievolì.
<< Seguimi >>
<< Aspetta! Non ti vedo! >>
Di colpo entrai in uno spazio senza piani.
Il buio era tutto.
Il buio era l’unica cosa.
Mi sembrava di essere in una di quelle stanze per pazzi.
Tutto quel buio mi opprimeva, ma in qualche modo mi faceva sentire a casa.
Dal buio si divulgò una luce.
Una porta era stata aperta e una luce bianca proveniva da essa.
Quando questa porta fu aperta di più, la luce giunse fino al punto in cui mi trovavo, creando una specie di corridoio luminoso.
<< Vieni da me >>
<< Dimmi chi sei! >>
<< Davvero non mi riconosci? >>
<< Perché dovrei >>
<< Perché sono tuo padre Lucrezia >>
<< È impossibile! Mio padre è morto tanto tempo fa >>
Il mio sguardo era rivolto a terra, verso la luce.
Volevo toccarla, ma avevo paura che al mio tocco si sarebbe ritirata, se non addirittura scomparsa.
All’improvviso un’ambra deturpò la perfetta distesa di luce.
Era la sagoma di una persona.
Un uomo.
Era alto e magro e teneva i capelli corti legati in una piccola e corta coda alla nuca.
Alzai lo sguardo e lo posai sulla figura che stava in piedi alla porta.
La luce era talmente forte che mi divetti portare un braccio davanti agli occhi e socchiudere gli stessi, cercando di mettere a fuoco la figura.
Rimasi di sasso.
Mi ghiacciai.
Lo stupore mi fece spalancare gli occhi.
Il nuovo arrivato levò una mano verso di me.
Di colpo la distanza tra me e la figura si accorciò notevolmente.
Avevo l’impressione che, alzando il braccio, avrei potuto toccare le sue dita.
Pian piano e con timore sollevai la mano.
Stavo per toccarlo.
Quando lo spazio tra le nostre dita stava per annullarsi il volto di mio padre si tramutò, cambiando aspetto.
In un attimo, quella persona che per me era stata tanto cara, si tramutò nel ragazzo che tanto mi stava facendo soffrire.
Ritrassi di scatto la mano.
Le misi a croce sul mio petto, come per proteggermi.
Il respiro mi si fece corto.
I miei polmoni non ricevevano più aria.
Non respiravo.
Oltre tutto, un dolore profondo mi giungeva dal cuore.
Con tutta me stessa desiderai scappare da li.
Alzai lo sguardo e con fatica lo guardai negli occhi vivaci.
Volevo essere tra le sue braccia e non li per terra.
Volevo sentirmi al sicuro.
Volevo sentire che lui era ancora mio.
Piano mi avvicinai e la figura mi strinse tra le braccia.
Ero felice.
Avevo già dimenticato tutto ciò che era successo.
Volevo dimenticarlo.
Avevo bisogno di dimenticarlo.
La figura mi accarezzò piano la testa, un gesto che mi aveva sempre calmata.
All’improvviso lui cambiò.
Tornò il ragazzo di adesso, quello che mi aveva lasciata per la mia migliore amica senza pensarci due volte.
Mi scansò bruscamente da se.
Perché? Perché faceva così?
Cercai nuovamente di avvicinarmi a lui.
Avevo l’impressione che se fossi riuscita a raggiungerlo lui sarebbe tornato da me.
La distanza tra di noi si fece nuovamente ampia.
Non sopportavo tutto quello.
Il mio cuore stava per scoppiare.
Faceva male.
Male.
Male…
Avevo bisogno di una soluzione e l’unica che la mia mente mi suggeriva era che dovevo raggiungere il ragazzo.
Feci qualche passo in avanti.
La distanza non diminuiva, anzi, sembrava aumentare.
Il dolore continuava a crescere.
Mi misi a correre.
Ero quasi arrivata al limite della sopportazione.
La distanza cresceva, cresceva, cresceva ….
Aumentai il ritmo della corsa.
La figura era sempre più lontana.
Ormai era un punto in lontananza.
Sempre correndo tesi una mano verso il ragazzo.
<< Nooooo …. >>>
Svenni.
Mi sentivo scuotere.
Pian piano aprii gli occhi.
Una luce tenue filtrava dalla finestre.
Due ombre erano accanto al mio letto.
Una delle due, quella più vicina, mi teneva per le spalle dandomi delle piccole scosse.
Incentrai la mia attenzione su quest’ultima.
Piano la misi a fuoco.
Quando riconobbi la figura mi buttai tra le sue braccia senza pensarci troppo.
Il ragazzo rimase un attimo interdetto.
Quanto mi mancava la sensazione di un suo abbraccio.
Premevo la testa contro il suo petto.
Le lacrime continuavano a scendere dai miei occhi.
Non volevano fermarsi.
Sentii le sue mani posarmisi sulle spalle ed ebbi paura che mi allontanasse.
Mi sorpresi parecchio quando sentii che mi stava abbracciando.
Posò il suo viso sulla mia testa e mi baciò sui capelli.
Subito dopo mi allontanò.
Cercai il suo sguardo, ma lui continuava a tenerlo basso.
Ormai avevo capito.
Non avrei mai potuto riprendermelo.
Ormai era veramente finita.
Il mio cervello lo sveva accettato, ora, dovevo convincere il mio cuore.
Solo in quel momento distinsi l’altra figura.
Valentina era li, di fianco a me, si sporgeva in avanti. Un ginocchi poggiato sul letto in modo da venirmi ancora più vicina.
I suoi occhi trapelavano preoccupazione.
Piano sollevò la mano e mi asciugò gli occhi.
Nessuno disse una parola.
Me ne stavo li, seduta sul letto.
Vedendomi in quello stato Valentina mi si avvicinò.
Si sedette di fianco a me e mi abbracciò.
In quell’istante desiderai cacciarla.
Desiderai che morisse.
Questo momento durò poco.
Dopo pochi attimi, la ragazza si staccò da me.
In quell’istante i suoi occhi e quelli di Luca si incontrarono.
Continuai ad osservarli.
Nei loro sguardi lessi una felicità senza pari.
Un senso di malinconia mi avvolse.
L’invidia che avevo provato svanì.
Mi sentii incredibilmente stupida.
Come avevo potuto desiderare la morte della mia migliore amica?!
Ero una vigliacca.
Avevo paura di ciò che sarebbe successo.
Avevo paura di rimanere sola.
Non volevo, anzi non potevo affrontare tutto quello che stava succedendo da sola.
-Lucrezia, noi andiamo se non ti dispiace –
Quella frase mi riscosse dai miei pensieri.
Guardai verso la finestra.
Si era fatto buoi.
Doveva essere passato molto tempo da quando ero entrata in trans.
Spostai lo sguardo sui due ragazzi.
-Si, andate pure. Mi ha fatto piacere vedervi –
Non era del tutto falso.
Mi costrinsi a fare un sorriso e a renderlo il più veritiero possibile.
Il loro sguardo tuttavia era ancora preoccupato.
Avevo paura che si sentissero in colpa per il mio stato d’animo.
Volevo rassicurarli, ma non ci riuscii.
Il quel momento Luca prese la parola.
-Va bene, allora ….. ciao –
Non risposi.
Uscirono dalla porta.
-Ciao –